Immersa nel verde della campagna sorge la villa Pacchierotti-De Benedetti, che un tempo la lambiva più da vicino, e difesa dalle piene da un argine anulare, questa villa fu costruita sull’area di una antica fortificazione medioevale della quale rimaneva traccia nella vicina barchessa. Percorsa la stretta carrareccia per qualche centinaio di metri, la strada raggiunge la sommità di un piccolo argine dove è posto un cancello. La villa appare improvvisa, immersa nel verde della campagna. Due statue seicentesche in pietra d’Istria segnano l’ingresso del parco, una volta vastissimo e lussureggiante di piante, nel quale un viale, un tempo fiancheggiato da statue ed in asse con la villa conduceva ad essa. Già da lontano la costruzione con il suo nitido, alto volume, mosso appena dal rilievo del pronao, colpisce per la monumentalità dell’insieme e, quando con l’avvicinarsi l’occhio può analizzare meglio le forme, l’osservatore viene preso dalla bellezza delle proporzioni e dalla finezza dei particolari. La facciata di questa villa si differenzia notevolmente dalle rimanenti. In essa si manifesta la tendenza ascensionale seicentesca e veneziana. Gli influssi stilistici veneziani riscontrati nella composizione degli alzati si ritrovano ancora più decisi nella tipica distribuzione interna della pianta. Dal porticato d’ingresso si passa all’altro che attraversa l’edificio da una fronte all’altra e disobbliga le stanze laterali. Nei piani superiori la distribuzione è analoga ed i saloni sono illuminati alle due testate da trifore. Una bella scala collega i piani con rampe coperte da volte a botte eccettuata l’ultima, di tipo inconsueto, data dall’intersezione di una volta conica e di un soffitto piano. Nell’atrio e nel salone al primo piano eleganti portali binati immettono nelle rampe della scala. Essi denotano una evidente derivazione longheniana ed hanno una particolarità raramente riscontrabile nella architettura dell’epoca, cioè il movimento della cornice superiore in corrispondenza dei modiglioni di chiave. Le fitte travature in vista dei solai sono decorate da motivi pittorici settecenteschi. Non è nota con esattezza l’epoca della costruzione anche se non si deve escludere una serie di rifacimenti successivi. Una prima notizia risale al 1635: Alessandro Marioni dichiara di possedere una casa domenicale con orto e brolo “nel comun di Parolo con Tavello”. Annesso alla villa si trova un oratorio più volte richiamato nelle visite pastorali. Sull’altare vi sono tre statue in pietra tenera raffiguranti la Madonna con ai lati i santi Domenico e Gaetano da Thiene. Un tempo esistevano anche due dipinti di Jacopo da Ponte rimasti in proprietà ai Marcello Villa Pacchierotti De Benedetti, insolita villa Veneta con pronao a tre ordini sovrapposti, costruita nel 1635 sull’area di un’antica fortificazione, con parco all’italiana di circa 4 ettari, oratorio settecentesco, ampie barchesse e saloni. di Gaspare Pacchierotti si sa abbastanza poco della sua giovinezza: probabilmente discendente del pittore di origine toscana Jacopo del Pacchia, detto Pacchiarotto, egli fu dapprima corista nella cattedrale di Forlì e poi in quella di Venezia, dove avrebbe ricevuto insegnamenti di canto anche dall'affermato compositore Ferdinando Bertoni che sarebbe rimasto suo intimo amico fino alla morte. Dopo aver fatto alcune apparizioni in pubblico con lo pseudonimo di Porfirio Pacchiarotti, interpretando, tra l'altro, il ruolo di Acronte nell'opera di Hasse, Romolo ed Ersilia, a Innsbruck, in occasione dei festeggiamenti per il matrimonio di Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena con l'infanta di Spagna (1765), egli fece probabilmente il suo vero e proprio debutto teatrale a Venezia nel 1766, al Teatro San Giovanni Grisostomo (oggi Malibran), interpretando la parte di Ulisse nella prima rappresentazione dell'Achille in Sciro di Gassmann. Con la fine degli anni sessanta, Pacchierotti era ormai affermato a Venezia, sia come cantante d'opera, sia come corista in San Marco, dove era direttore musicale Baldassarre Galuppi. E fu proprio in una rappresentazione di un lavoro di quest'ultimo, Il re pastore (1769), che Pacchiarotti raccolse il suo primo grande successo come "primo uomo" interpretando la parte di Agenore. Insieme a Galuppi, che lo aveva preso sotto la propria ala protettrice, il giovane Pacchierotti si era anche recato a Pietroburgo e, al suo rientro a Venezia, in quello stesso 1769, aveva sostituito il Guarducci come "primo musico" al Teatro San Benedetto. A partire dal 1770 il Pacchierotti si esibì prima a Palermo, poi, ripetutamente, a Napoli, ed in entrambe le piazze rimase coinvolto in aspre rivalità prima con Caterina Gabrielli e poi, nientemeno che con Caffarelli, e prese comunque parte a importanti rappresentazioni, come le riprese napoletane dell'Alessandro nelle Indie di Piccinni, e dell'Orfeo ed Euridice di Gluck. Dopo essersi esibito anche altrove, ed in particolare a Bologna e a Milano, nel 1776 egli tornò a Napoli per la prima dell'Artaserse di Bertoni e fu coinvolto in un'oscura spiacevole storia di duelli che lo condusse in prigione e, al momento del rilascio, ad abbandonare per sempre la pur favorevole piazza di Napoli.
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